24 Mar

IV Domenica di Quaresima – Anno A

Gv. 9, 1-41

“In quel tempo, Gesù  passando vide un uomo cieco dalla nascita e suoi discepoli lo interrogarono:” Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché nascesse cieco?”. Rispose Gesù:”Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero le opere di Dio…”

Nel nostro brano vediamo Gesù e i discepoli che incontrano un uomo cieco, ma lo guardano con occhi diversi. Convinti che la malattia sia segno del peccato, i discepoli vedono in lui un peccatore, Gesù invece vede nella malattia di quell’uomo l’occasione per manifestare l’amore del Padre. La persona è la stessa, ma lo sguardo di Gesù e dei discepoli è diametralmente opposto.

Il gesto di Gesù di impastare il fango e spalmarlo sugli occhi del cieco (v.7) ricorda il gesto con cui Dio ha creato Adamo plasmandolo con la polvere del suolo (cfr. Gen. 2,7).

Così descrive questo episodio di Giovanni un famoso esegeta (Brown):” Questo è il racconto di come un uomo che sedeva nelle tenebre fu condotto a vedere la luce non solo fisicamente, ma spiritualmente. D’altra parte, è il racconto di come quelli che credevano si facessero ciechi sprofondando nelle tenebre”.

Di fronte al cieco guarito la reazione dei conoscenti è di porre domando: interrogano, ma non si interrogano! Il testo suscita questa domanda: “Chi è cieco, e chi vede?”. E la risposta è questa: vede chi sa vedere la propria cecità e sa aprirsi all’azione di Cristo che guarisce e illumina: “ Se foste ciechi non avreste alcun peccato; ma siccome dite:” noi vediamo”,il vostro peccato rimane” 8v.41).

Osservando il cammino del cieco guarito si nota che le sue affermazioni rivelano una conoscenza sempre più profonda di Gesù. Interrogato dai vicini circa la sua guarigione, egli risponde:”Quell’uomo che si chiana Gesù ha fatto del fango e…” (v.11). nel secondo confronto egli afferma:”Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto fare nulla” (v.33). Infine, incontrando Gesù confessa:”Io credo, Signore” (v.38).

A questa sua progressiva testimonianza corrisponde un altrettanto chiaro ottenebramento dei farisei/giudei.

Questo racconto vuole testimoniare il difficile percorso della fede, vuole illustrare e drammatizzare quanto Gesù aveva affermato in precedenza (Gv.8,12):” Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”.

L’incontro con Gesù è offerta di salvezza, non di condanna. Solo la presunzione di non avere bisogno di lui, la certezza di vedere, rende ciechi e incapaci di scorgere la luce vera. I farisei con la loro autosufficienza rendono vano il disegno di Dio (vv.39-41).

Nella tradizione cristiana il miracolo della guarigione del cieco nato ha avuto una grande eco, soprattutto per le allusioni battesimali disseminate in tutto il racconto.

Il cieco nato ottiene la vista, coloro che ritengono di vedere diventano ciechi: davanti a Cristo ogni uomo fa un percorso verso la fede o verso l’incredulità. Spetta ad ognuno prendere la decisione di lasciarsi illuminare.

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"E poi un giorno la luce, il pianto, non di sofferenza, ma quasi di commozione..."

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